Meloni archiviata per il caso Almasri. "Ma verrà chiesto processo per Piantedosi, Nordio e Mantovano"


Il Tribunale dei ministri ha notificato in queste ore alla premier la chiusura delle indagini sul caso della liberazione del generale libico, "in ritardo e dopo ingiustificabili fughe di notizie", dice Meloni. "Assurdo sostenere che i ministri abbiano agito senza condividere con me"
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Archiviata la posizione di Gioirgia Meloni sul caso Almasri, che da mesi scuote la politica italiana. Il Tribunale dei ministri ha notificato in queste ore alla premier il provvedimento. La vicenda giudiziaria vede indagati, oltre alla presidente del Consiglio, anche due ministri — quello dell'Interno Matteo Piantedosi e quello della Giustizia Carlo Nordio – e il sottosegretario alla presidenza del Consiglio Alfredo Mantovano, delegato all’intelligence. Se la posizione di Meloni è stata archiviata, per gli altri membri dell’esecutivo sembra che verrà chiesta l'autorizzazione a procedere. O questo, almeno, è ciò che desume la premier, che ha commentato pubblicamente la notizia con un lungo post sui social.
Meloni ha denunciato la durata e le modalità del procedimento giudiziario, definendo “ingiustificabili” le fughe di notizie che hanno preceduto la notifica ufficiale. Meloni ha contestato con decisione la tesi del Tribunale, che nel decreto sottolinea come lei non sarebbe stata preventivamente informata né avrebbe condiviso la decisione di liberare e rimpatriare il generale libico Osama Almasri, incriminato dalla Corte penale internazionale (Cpi) per crimini contro l’umanità e torture. Secondo il Tribunale, quindi, i due ministri Piantedosi e Nordio e il sottosegretario Mantovano avrebbero agito autonomamente senza coinvolgere la premier, cosa che Meloni ha definito “palesemente assurda”. Meloni ha ribadito che “questo governo agisce in modo coeso sotto la mia guida” e che ogni scelta importante è “concordata” all’interno dell’esecutivo. Ha quindi giudicato incoerente la richiesta di processo solo per i ministri e il sottosegretario, senza coinvolgere anche lei. “Nel merito – ha aggiunto – ribadisco la correttezza dell’operato dell’intero esecutivo, che ha avuto come sola bussola la tutela della sicurezza degli italiani” e ha promesso che illustrerà la sua versione anche in Parlamento, accanto agli altri indagati al momento del voto sull’autorizzazione a procedere.
Oggi mi è stato notificato il provvedimento dal Tribunale dei ministri per il caso Almasri: dopo oltre sei mesi dal suo avvio, rispetto ai tre mesi previsti dalla legge, e dopo ingiustificabili fughe di notizie.
I giudici hanno archiviato la mia sola posizione, mentre dal… pic.twitter.com/g0cK6JjbxJ
— Giorgia Meloni (@GiorgiaMeloni) August 4, 2025
Il caso Almasri nasce in seguito all’arresto a Torino, all’inizio del 2025, del generale libico Osama Njeem Almasri, accusato dalla Corte Penale Internazionale di crimini contro l’umanità, tra cui torture e abusi nei confronti di migranti in Libia. Scarcerato appena due giorni dopo il fermo, senza che fossero stati rispettati i protocolli internazionali di consegna richiesti dalla Cpi, Almasri è stato rimpatriato in Libia in tempi rapidissimi tramite un volo di stato italiano.
Le indagini, coordinate dalla procura di Roma, si sono concentrate soprattutto sul possibile coinvolgimento di esponenti di alto livello del governo. L’avvocato Luigi Li Gotti ha presentato una denuncia che ha portato all’iscrizione nel registro degli indagati della premier Meloni, dei ministri Piantedosi e Nordio e del sottosegretario Mantovano. Ai quattro sono contestati reati di favoreggiamento e peculato, e per Nordio anche omissione di atti d’ufficio: si ipotizza che la decisione di rimpatriare Almasri e la mancata trasmissione della richiesta di arresto internazionale alla Corte abbiano favorito la liberazione del generale, senza un giusto processo, in violazione degli obblighi italiani verso la Cpi.
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